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Umbria. Il testo del DAP (Documento Annuale di Programmazione) è stato pubblicato

Pubblicato il 6/05/2013 - Letto 2980 volte
Il DAP (Documento Annuale di Programmazione) della Regione Umbria per il biennio 2013-2015 è stato approvato dal Consiglio Regionale. Proponiamo una breve disamina alla luce delle osservazioni che fece la FISH Umbria ONLUS sul testo pre-adottato dalla Giunta Regionale.

Il DAP (Documento Annuale di Programmazione) della Regione Umbria per il biennio 2013-2015 è stato approvato dal Consiglio Regionale ed è stato pubblicato nel Bollettino Ufficiale (scaricalo qui).

La FISH Umbria ONLUS, nel gennaio scorso, ha esplicitato le proprie perplessità rispetto all'impianto complessivo del testo (quello pre-adottato dalla Giunta Regionale) e rispetto ad alcune parti specifiche. Consigliamo la lettura del testo presentato dalla Federazione.

Rispetto al testo pre-adottato, sono state apportate alcune modifiche al testo definitivo. Proponiamo una breve disamina dei punti che erano stati sollevati dalla FISH Umbria ONLUS per verificare quanto di quello che è stato proposto dalla Federazione è stato recepito.

La premessa
Nella nuova premessa - almeno nella parte condivisibile ripresa dalla FISH Umbria ONLUS - è rimasta inalterata nell'affermare il ruolo delle politiche di welfare come «elemento irrinunciabile di una complessiva politica di sviluppo».

Gli indirizzi e gli obiettivi di programmazione regionale
Nell'elencare le risorse disponibili per il 2013 nell'ambito del welfare, il testo ha apportato una modifica sostanziale delle cifre previste: i 14,5 milioni di Euro delle risorse previste per l'anno in corso rispetto al 2012 sono passati a 24,2 milioni di Euro. Questa differenza di cifre deriva dal fatto che - come fatto notare dalla FISH Umbria ONLUS - nella prima stesura del testo non si era completamente tenuto in considerazione il finanziamento - seppur esiguo (anche se in contro tendenza rispetto al Governo Berlusconi) - che il Governo Monti ha previsto per il Fondo sulle Politiche Sociali e quello sul Fondo per la Non Autosufficienza.

Rispetto alle priorità su cui la Regione intende intervenire («lavorare per mantenere sostanzialmente inalterato l'attuale livello di offerta dei servizi» o «lavorare per gettare le basi per la sostenibilità del welfare regionale») nulla è cambiato; rimane quindi la vaghezza delle affermazioni riportate.

Anche per quanto riguarda lo strumento di supporto alle due priorità suddette è rimasto il Sistema Informativo Sociale (SISO), il quale ha come scopo principale - e questa era la critica - quello di "efficentare" il sistema (renderlo efficiente e ridurne i costi) e non quello di accrescere l'appropriatezza dei servizi e degli interventi, e magari prevedere monitoraggi rispetto alla qualità erogata e alla soddisfazione dei servizi erogati da parte delle persone con disabilità che ne sono le beneficiarie.

Intersettorialità
Anche il concetto di intersettorialità resta immutato nella sua formulazione teorica e, purtroppo, è proprio questo il suo principale limite: rimane un concetto astratto (destinato a rimanere mera teoria) se non legato ad una presa in carico globale. Infatti, poco dopo, la genericità e la mancanza di concretezza di quanto è stato scritto, si rende ancor più manifesta. Lo stralcio che segue è, probabilmente, quello più significativo per comprendere le ragioni della nostra analisi.

«Un ambito di azione molto rilevante sarà, anche nel 2013, quello relativo alle famiglie. Proprio in questo settore, in attuazione di quanto previsto dalla normativa regionale in materia di famiglie, si lavorerà per innovare le modalità di intervento, tentando di ridurre - laddove possibile e più possibile - le erogazioni di denaro rafforzando il modella di presa in carico e potenziando il modello del progetto personalizzato, promuovendo protocolli e convenzioni con produttori e distributori di beni e servizi. Verranno inoltre assicurati i servizi a base territoriale, attraverso lo sviluppo di servizi "di prossimità" per sostenere le famiglie con persone anziane (trasporto, accompagnamento, case accoglienza diurne,…), con persone disabili (centri di accoglienza diurni, vacanze per persone con disabilità, aiuti amministrativi,…), con bambini (scuole estive, aiuto nei compiti scolastici, supporto alle madri dopo il parto,…). Proprio sul tema della disabilità verrà avviata la sperimentazione di forme più leggere di semiresidenzialità di prossimità, verranno potenziate la domiciliarità e la sua riconversione verso laboratori abilitativo-cognitivi e troveranno uno spazio maggiore i progetti di autonomia e inserimento lavorativo».

Rispetto al testo che era stato esaminato dalla FISH Umbria ONLUS c'è un ammorbidimento dei termini rispetto alla diminuzione di erogazioni di denaro (prima si parlava di «sostituzione», mentre ora si parla di «tentativo» di riduzione) in favore però di un rafforzamento del modello di presa in carico e della progettazione personalizzata (nel testo precedente si "sostituivano" le erogazioni in denaro e, semplicemente, si promuovevano i protocolli con produttori e distributori di beni e servizi, cosa che peraltro rimane anche nel testo pubblicato).

Nella seconda parte del brano riportato, si scorge il tentativo - peraltro un po' goffo - di effettuare una correzione (come suggerito dalla FISH Umbria ONLUS): tuttavia, si è badato solo a superare l'evidente mancata appropriatezza dei termini usati (si sostituisce «portatore di handicap» con «persona con disabilità»), ma la criticità principale - ossia quella della frammentarietà degli interventi - non è stata superata o risolta.

Nella terza parte si parla di sperimentazione di «forme più leggere di semiresidenzialità» mediante la riconversione della domiciliarità in «laboratori abilitativo-cognitvi» i quali, senza un'ulteriore spiegazione, risultano una versione "modernizzata" (quanto meno a parole) dei passati centri diurni e con la stessa probabilità di fallimento (se non vengono modificati alla radice della loro essenza), con buona pace dell'inclusione sociale e totale delle persone con disabilità. Dopo il boccone amaro, però, c'è un po' di zucchero: «troveranno uno spazio maggiore i progetti di autonomia e inserimento lavorativo» (tuttavia «spazio maggiore», rispetto al "nulla attuale", non è di per sé una grande garanzia….).

Tra l'altro il maggior spazio che si intende offrire ai progetti di autonomia, non è chiaro se sia da intendersi in senso stretto, cioè riferito alla dimensione dei nuovi "laboratori", oppure sia interpretabile anche come maggior "peso" dato ai cosiddetti progetti di vita indipendente. Certo, questa seconda - ed auspicabile - ipotesi richiederebbe un maggiore e strutturato riconoscimento dell'assistenza indiretta e, quindi, più che un generico tentativo di riduzione delle erogazioni in denaro, precisi criteri per garantire l'appropriatezza delle prestazioni di qualunque genere.

Il diritto all'abitazione e abbattimento delle barriere architettoniche
«Il diritto all'abitare va garantito non soltanto "assicurando un tetto", ma anche lavorando per la qualità del vivere, in particolare per i cittadini disabili. Ad oggi le richieste per interventi per l'abbattimento delle barriere architettoniche in edifici privati sono circa 1.350, che corrispondono ad un fabbisogno finanziario di 5,9 milioni di euro. Nel corso del 2013 occorrerà lavorare per avviare un processo che consenta di rispondere concretamente, anche se solo parzialmente, a tali richieste».

Rispetto all'abbattimento delle barriere architettoniche, il nuovo testo non sembra aggiungere nulla alla criticità evidenziata dalla FISH Umbria ONLUS, ossia: da dove arriverebbero le risorse economiche per soddisfare il fabbisogno e, soprattutto, per il biennio 2013-2015, quanto di tale fabbisogno verrà coperto?

«Gli interventi a favore dell'area della non autosufficienza, che sempre più si va connotando come un tema non strettamente limitato ad aspetti sociosanitari, verranno definiti nell'ambito del nuovo Programma regionale (PRINA 2012-2014) che prevede come strategici la definizione del Progetto Assistenziale Personalizzato (PAP), la valutazione unitaria ed uniforme dei bisogni, la ridefinizione dei PAP sulla base del budget personale. Un processo, quest'ultimo, che non si limiti alla valutazione "esterna" dei bisogni del cittadino non autosufficiente, ma che ne prenda in considerazione desideri, bisogni, preferenze disegnando un modello di servizi in questo senso più "inclusivo". Priorità di finanziamento alle seguenti azioni ed interventi:
- assistenza domiciliare socio-riabilitativa per minori con disabilità;
- assistenza tutelare a domicilio delle persone con disabilità e/o non autosufficienti;
- implementazione della semi-residenzialità per le persone anziane malate di Alzheimer e per i minori malati affetti da disturbi dello spettro autistico
».

Da questo passaggio si nota e si apprezza il tentativo di modificare la precedente bozza del testo anche se c'è ancora una sorta di "paura" ad affrontare le questioni da anni sollevate dal movimento associativo; ad esempio, è positivo che il DAP riconosca che l'area della non autosufficienza non sia un tema «strettamente limitato ad aspetti socio-sanitari», tuttavia dimentica che non è la non autosufficienza, bensì è la «disabilità» ad avere queste caratteristiche (la non autosufficienza, ricordiamo, è un sottoinsieme della disabilità). Non solo, dopo questo incipit "incoraggiante" si limita a parlare del PAP (Progetto Assistenziale Personalizzato) e non del Progetto Individuale (all'interno del quale è compreso il PAP).

Altro tentativo di affermare un principio ma senza il "coraggio" di allargarsi troppo, si riscontra nell'aver nominato il "budget personale"; la domanda sorge spontanea: è un vago tentativo di parlare del "budget di salute" (che la Regione Umbria ha intenzione di sperimentare, con il contributo di Angelo Righetti e al quale la FISH Umbria ONLUS collaborerà), oppure si intende il budget attualmente speso dalle ASL dell'Umbria per ogni persona con disabilità che ha in attivo assistenza domiciliare o altri servizi? Se fosse vera la prima ipotesi, perché allora non chiamarlo con il suo nome e articolarne gli interventi secondo quanto da esso previsto; se, al contrario, fosse vera la seconda ipotesi, si potrebbe temere che i prossimi interventi verranno effettuati a budget invariato (o più probabilmente ridotto e con una crescente partecipazione alla spesa), ma senza possibilità, però, di scegliere quali servizi da attivare, con una progressiva riduzione della quantità e qualità dei servizi.

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