Nei mesi passati, in queste pagine, la vicenda della sperimentazione dell'assegno di cura per le persone con SLA (previsto dalla Delibera di Giunta Regionale n. 909 del 29 luglio 2011, leggi il testo) è stata seguita con molta attenzione, riportando le varie fasi che hanno coinvolto le persone con SLA e le loro famiglie: dalla manifestazione di quel torrido 11 luglio (guarda il video), all'approvazione da parte della Giunta della Delibera n. 909/2011 (leggi la news).
L'assegno di cura è una prestazione economica che viene erogata con il compito di alleviare e sostenere il carico della famiglia, permettendo di assumere e remunerare dignitosamente un assistente familiare o un assistente personale.
Commentando la vicenda (leggi il focus), sollevammo anche alcune perplessità sul fatto che la soluzione adottata dalla Regione - ossia l'assegno di cura - venisse riconosciuto solo alle persone con SLA, anziché essere considerato come una forma di assistenza indiretta - preferibile, in molti casi, all'assistenza diretta - da garantire alla pluralità delle persone con disabilità: il tema dell'equiparazione tra assistenza diretta e indiretta, infatti, è un nodo centrale della rivendicazione della FISH Umbria ONLUS in merito alla libertà di scelta delle modalità di assistenza, soprattutto in questo momento di crisi e di riduzione delle risorse disponibili (leggi la petizione).
Si sono poste anche perplessità in merito ad alcuni criteri - quasi tutti provenienti dalla logica del Piano Regionale Integrato Non Autosufficienza (PRINA) - relativi al concetto di «gravità clinica» (uno dei requisiti necessari per poter accedere all'assegno di cura).
In ogni caso, la sperimentazione avrebbe costituito un buon precedente (anche se sarebbe più corretto dire un "revival", visto che l'assegno di cura, in Umbria, era una forma prevista fino a qualche anno fa!) per verificare, oggi, la sua appropriatezza rispetto alle esigenze delle persone con disabilità e per proporre una sua estensione (o rivisitazione) ad altre persone.
Ma la cosa più grave - afferma Morelli - è che «[…] l'assegno di cura, l'assistenza domiciliare indiretta sono figure previste da leggi e norme nazionali [la Legge n. 328/2000 e la Legge n. 162/1998, N.d.R.] e il fatto che vi sia o meno una delibera regionale, comunale o provinciale che ne disciplini i dettagli, è quasi irrilevante […]». Al pari - aggiungiamo noi - del Progetto Individuale (previsto dall'articolo 14 della Legge n. 328/2000 di cui sopra), che ancora rimane disatteso. Tuttavia, non si procede in nessuna direzione.
La Regione Umbria, continua Morelli, non può nemmeno trincerarsi dietro la mancanza di fondi, poiché i circa «[…] 300.000 euro, riferiti al riparto del Fondo Sanitario Nazionale, erano già pronti dal mese di maggio del 2011 […]».
Quindi che fare? «[…] Ai Cittadini umbri, dunque, non rimane che un unico valido strumento per ottenere la tutela dei loro diritti, affidare cioè a un legale competente in materia l'intera questione […]».
Leggi la versione integrale dell'articolo di Morelli (link a pagina esterna).