Il problema del riconoscimento dello status di cittadino italiano per gli stranieri di "seconda generazione" con disabilità cognitiva sembra approdare ad una conclusione positiva: il Ministro dell'Interno Annamaria Cancellieri ha proposto anche un disegno di legge per regolare la questione in conformità della Convenzione dell'ONU. Nel frattempo, parte la campagna dell'AIPD "Il mio voto conta!": infatti anche gli italiani con disabilità cognitiva rischiano di non poter esercitare pienamente una delle facoltà più importanti connesse alla loro "cittadinanza", il diritto di voto.
Cittadinanza italiana
La negazione dello status di "cittadino italiano", situazione di discriminazione che ha visti coinvolti alcuni stranieri con disabilità cognitiva di "seconda generazione" (di cui abbiamo detto in questo approfondimento), sembra che prenderà una svolta positiva.
Dopo l'ovvia indignazione che la questione ha sollevato da più parti, il Ministro dell'Interno Annamaria Cancellieri ha assicurato che le domande per l'ottenimento della cittadinanza saranno «valutate nel modo più appropriato possibile». Non solo, ma il Ministro precisa anche che «la sindrome di Down non risulta preclusiva alla concessione della cittadinanza» e che quest'ultima potrà essere ottenuta, «purché il richiedente possa esprimere la sua volontà».
Secondo Redattore Sociale e Superando.it (da cui traiamo la notizia) sembrerebbe, poi, che il Ministro Cancellieri avrebbe dato mandato all'Ufficio Legislativo del Viminale di predisporre un disegno di legge che modifichi la normativa attuale e si adegui a quanto prescritto dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità.
Nelle migliori delle ipotesi, il testo del disegno di legge sarà lasciato pronto per la nuova legislatura, nella peggiore (ma spesso quella più realistica) la questione passerà direttamente al nuovo Legislatore. Possiamo dire, quindi, che la questione della cittadinanza "sembra" andare verso un risoluzione: "sembra" è un termine prudente, visto che il testo annunciato dal Ministro Cancellieri - ammesso dunque che non si tratti solo di un annuncio - dovrà trovare spazio (forse) nei lavori della nuova Legislatura, ma non sappiamo né come, né quando!
"Il mio voto conta!". La campagna dell'AIPD
Ma c'è un'altra questione che riguarda le persone con disabilità cognitiva: il diritto di voto.
Televisioni e giornali, per una volta tanto, danno un'informazione abbastanza appropriata delle modalità di voto a domicilio per chi non può uscire di casa perché adopera apparecchiature elettromedicali (per approfondimenti in merito alle varie modalità di voto e di assistenza allo stesso, leggi qui); le modalità di volto, inoltre, sono spiegate anche in LIS (Lingua Italiana dei Segni) per le persone sorde. Tuttavia, nessuno si preoccupa di quali modalità di comunicazione servono per permettere alle persone con disabilità cognitiva di comprendere i principali aspetti politici tali da permettere loro di esercitare il proprio diritto di voto.
"Il mio voto conta!" (link esterno) è la campagna di sensibilizzazione per il diritto al voto delle persone con disabilità intellettiva promossa dall'AIPD (Associazione Italiana Persone Down) e dall'ASL Roma E. Nasce perché - come dicono all'AIPD - «la maggior parte delle persone con disabilità intellettiva e relazionale non prende parte come elettore alla vita politica e di conseguenza non esercita il diritto di voto».
L'iniziativa ha l'intenzione di applicare quello che chiede la Convenzione dell'ONU: all'articolo 29, infatti, la essa prevede che gli Stati Parti garantiscano che le persone con disabilità possano partecipare alla vita politica «assicurando che le procedure, le strutture ed i materiali elettorali siano appropriati, accessibili e di facile comprensione e utilizzo».
«La maggioranza delle persone con disabilità intellettiva - afferma Anna Contardi, coordinatrice nazionale dell'AIPD - non esercita il proprio diritto di voto per mancanza di informazione, consapevolezza ed educazione al voto delle stesse persone con disabilità intellettiva, scarsa consapevolezza dei loro familiari, amici e operatori di riferimento dei loro stessi diritti di capacità».
In senso molto pratico, dunque, per poter rendere applicabile quello che la Convenzione dell'ONU chiede, servirebbe in primo luogo tradurre i programmi politici in alta comprensibilità, seguendo le regole del cosiddetto "easy reading" (la "lettura facile") condivise a livello internazionale: un esempio in tal senso si trova nel sito My Opinion, My Vote (link a sito esterno), in cui vengono proposti in sei lingue i programmi dei vari partiti a livello europeo e le parole della politica, il tutto spiegato con semplicità.
I nostri politici coglieranno la sfida e scriveranno i loro programmi in easy reading? Visto il "politichese" imperante, non sembrano esserci molte speranze, ma chissà…