Dall'introduzione della Legge 68/1999 sul collocamento al lavoro delle persone con disabilità, la Corte di Cassazione ha emanato diverse sentenze con l'obiettivo di accordare il diritto al lavoro della persona, con il potere/dovere del datore di lavoro e con la produttività dell'azienda. Alla luce dell'ultima pronuncia (la 6017/2009), proponiamo una breve rassegna delle principali sentenze emanante in merito di assunzione.
Il diritto al lavoro delle persone con disabilità è un principio sancito, oltre che dalla Legge 68/1999, anche dalla Convenzione Internazionale sui Diritti delle Persone con Disabilità (entrata a pieno titolo nell'ordinamento giuridico italiano con la Legge di ratifica 18/2009). La Convenzione, infatti, all'articolo 27, comma 1, afferma che il diritto all'occupazione debba porsi su «basi di parità con gli altri» e, in particolare, debba consentire alla persona con disabilità la possibilità «di potersi mantenere attraverso un impiego liberamente scelto o accettato in un mercato del lavoro e in un ambiente aperto, che favorisca l'inclusione e l'accessibilità».
La Giurisprudenza italiana, fin dall'introduzione della Legge 68/1999 sul «collocamento mirato» delle persone con disabilità, ha adottato un approccio che ben si inscrive all'interno di tale orientamento, ritenendo il collocamento mirato uno strumento essenziale per garantire la dignità, l'indipendenza e l'inclusione del lavoratore con disabilità, ma anche uno strumento funzionale all'azienda che lo assume e che richiede una misura (maggiore o minore) di produttività.
La Sentenza n. 6017/2009 è l'ultimo tassello di un percorso che, in linea con la Legge 68/1999, prevede «un sistema che non vede nel disabile un soggetto avente diritto a un posto in virtù meramente assistenziale», ma che individua in lui «una risorsa per la stessa impresa assicurandogli nello stesso tempo una giusta collocazione in azienda, nel pieno rispetto della sua personalità, ad attestarne le sue capacità professionali e l'effettiva utilità delle sue prestazioni».
Vediamo nel dettaglio i punti salienti della Sentenza. L'articolo 9, comma 1, della Legge 68/1999 precisa che il datore di lavoro deve inviare al Centro per l'Impiego della propria provincia la richiesta di assunzione di uno o più lavoratori con disabilità. Nello spirito della Legge, la «richiesta di assunzione» deve configurarsi all'interno della logica del «collocamento mirato» (previsto dall'articolo 2 della Legge): da un lato, la persona con disabilità deve svolgere un lavoro confacente alle proprie capacità lavorative e, dall'altro, il datore di lavoro deve formulare la richiesta precisando la qualifica professionale della persona con disabilità che gli è necessaria.
Nel proseguo dell'articolo, il comma 2 precisa che «in caso di impossibilità di avviare lavoratori con la qualifica richiesta, o con altra concordata con il datore di lavoro, gli uffici competenti avviano lavoratori di qualifiche simili, secondo l'ordine di graduatoria e previo addestramento o tirocinio da svolgere anche attraverso le modalità previste dall'articolo 12».
La Sentenza precisa che il concetto di «qualifica» espresso nel comma 2, «in conformità delle linee guida della vigente normativa sul lavoro dei disabili» deve «intendersi cioè come capacità tecnico-professionali di cui deve essere provvisto l'assumendo».
Per questo motivo, il datore di lavoro, qualora la persona con disabilità si trovi a non avere la qualifica richiesta, ha facoltà di non procedere all'assunzione, salvo nel caso in cui, come previsto dall'articolo, non venga avviata al lavoro una persona con qualifiche simili. L'assunzione di una persona con qualifica simile, tuttavia, è vincolata allo svolgimento da parte della persona con disabilità di un addestramento o di un tirocinio (nelle modalità descritte nell'articolo 12 della Legge 68/1999).
Per questo motivo, il datore di lavoro, qualora la persona con qualifica simile sia priva dell'esperienza di addestramento o di tirocinio, può rifiutarsi di procedere all'assunzione.
Le altre sentenze
L'utile collocamento
La Sentenza 6017/2009, si è detto, è l'ultimo atto di un percorso che considera l'inclusione lavorativa della persona con disabilità un importante riconoscimento della dignità umana. Una sorta di "capostipite" di questo percorso è rappresentato dalla Sentenza n. 9981/2000 la quale si pronuncia sul collocamento funzionale della persona nell'azienda ai sensi della Legge 482/1968 (la prima legge sull'inserimento lavorativo delle persone con disabilità antesignana della Legge 68/1999).
È importante precisare che la Legge 482/1968, a differenza della Legge 68/1999, non prevedeva la qualificazione delle persone con disabilità verso le quali incombeva l'obbligo di assunzione obbligatoria.
La Sentenza, tenendo conto, quindi, della cultura giuridica fino ad allora maturata, ricorda alcuni punti fondamentali già oggetto di precedenti sentenze:
- il datore di lavoro ha «l'obbligo di reperire, all'interno dell'azienda e nei servizi accessori e collaterali all'attività produttiva, mansioni "compatibili"» con le esigenze della persona con disabilità in relazione alle sue condizioni di salute;
- il datore di lavoro non è tenuto a «farsi carico di adeguare l'assetto produttivo e l'organizzazione aziendale in funzione delle particolari esigenze» della persona con disabilità sostenendo ingiustificati costi aggiuntivi;
- il datore di lavoro non è tenuto a «far confluire in una sola posizione di lavoro mansioni che, con altre più complesse, rientravano nei compiti di altri lavoratori».
Ai sensi di queste precisazioni, la Suprema Corte afferma due princìpi fondamentali:
- «Il datore di lavoro è esonerato dall'obbligo di assunzione qualora emerga, attraverso una verifica seria e rigorosa, l'impossibilità di un utile collocamento» della persona con disabilità nella struttura operativa complessiva dell'impresa di destinazione. Pur non richiedendo una qualifica del lavoratore con disabilità, la Sentenza ribadisce l'importanza di un suo inserimento lavorativo con mansioni funzionali all'impresa.
- Il datore di lavoro è esonerato dall'obbligo di assunzione qualora intraveda la possibilità che l'impiego del lavoratore con disabilità «sia pregiudizievole per lui, per i compagni di lavoro o per la sicurezza degli impianti».
L'organizzazione del lavoro
Successivamente, con Sentenza n. 13960/2002, la Suprema Corte ha precisato che quanto espresso nelle precedenti pronunce (riferite alla Legge 482/1968 e già esaminate sopra) possano essere applicate anche, e anzi a maggior ragione, con la Legge 68/1999. Per questo motivo, la Sentenza afferma che il collocamento obbligatorio fa insorgere in capo al datore di lavoro un obbligo a procedere alla costituzione di un contratto di lavoro con la persona con disabilità intesa come «prestatore di lavoro», sempre che esistano nell'azienda posizioni compatibili con lo stato di salute della persona con disabilità. In altre parole quindi, da un lato, il datore di lavoro è tenuto ad attribuire alla persona con disabilità mansioni compatibili con il suo stato di salute, dall'altro, però, non è tenuto a modificare o ad adeguare l'organizzazione aziendale alle condizioni di salute del lavoratore, sostenendo magari anche costi aggiuntivi, né in particolare, a creare per lui un nuovo posto, concentrando in una sola unità mansioni non difficoltose già facenti parte dei compiti degli altri lavoratori.