Cogliendo l'occasione di un recente convegno a Roma sulla Scheda di Valutazione Multidimensionale per le Persone con Disabilità (S.Va.M.Di.), si riportano le riflessioni in merito alla sua funzione valutativa e ai possibili adattamenti per la realizzazione del profilo di funzionamento. Entrambi i temi, considerati strategici in riferimento all'appropriatezza degli interventi e delle prestazioni, sono molto attuali anche in Umbria. La Regione Umbria, negli ultimi anni, ha avviato un percorso di aggiornamento del sistema e degli strumenti di valutazione impiegati dalla rete dei servizi e, più recentemente, ha individuato nella realtà ternana il contesto territoriale nel quale avviare un progetto di sperimentazione dei progetti di Vita Indipendente che vede coinvolto il Comune di Terni, la USL Umbria n. 2 e il Centro per l'Autonomia Umbro nella definizione e nell'impiego di procedure e strumenti innovativi.
Affinché la Vita Indipendente delle persone con disabilità si realizzi davvero, è necessario che - a monte e tra le altre questioni prioritarie - ci sia una presa in carico globale. È solo con la presa in carico globale, infatti, che la persona, insieme alla rete dei servizi, formulato il proprio progetto di vita, può vedere riconosciuto all'interno di un progetto di presa in carico l'insieme dei facilitatori che dovranno essere adottati e delle barriere che vanno rimosse al fine di consentire il conseguimento degli obiettivi fissati.
Questo è un principio che è stato sempre affermato dalla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap) e non solo. Riteniamo che questa esigenza sia estremamente attuale in Umbria sia per un interessamento della Regione verso un aggiornamento del sistema di valutazione, sia in considerazione del progetto per la Vita Indipendente che la stessa Regione sta portando avanti nella Zona Sociale n. 10 (Terni) in collaborazione con il Comune di Terni (capofila della Zona Sociale), con la USL Umbria n. 2 e con il Centro per l'Autonomia. Si ricorda, infatti, che uno dei tre assi su cui si articola il progetto riguarda propria la sperimentazione di quello che viene definito "Empowerment della rete dei servizi", ossia la metodologia che "rafforza" la rete dei servizi al fine di realizzare le condizioni affinché possa realizzarsi la presa in carico globale delle persone con disabilità.
Approfittiamo, quindi, per rilanciare alcune riflessioni che in questi giorni vengono pubblicate su Superando.it, a seguito del convegno "Che cos'è la S.Va.M.Di.?" che si è tenuto presso l'Opera Don Calabria di Roma lo scorso Venerdì 27 febbraio.
Dietro l'acronimo S.Va.M.Di. si nasconde la Scheda per la Valutazione Multidimensionale per Disabili, che è stata adottata inizialmente in Veneto già da diversi anni come strumento di valutazione della persona con disabilità. Il modello Veneto è stato divulgato anche in altre regioni; tra queste, l'Umbria che, già da alcuni anni, ha fatto propria buona parte dell'impianto (seppur con delle eccezioni di cui si dirà); e da ultimo il Lazio.
«Con la S.Va.M.Di. - affermano su questo articolo di Superando.it [link a sito esterno] Fausto Giancaterina, Miriam Miraldi e Francesco Reposati, componenti del Comitato Scientifico dell'incontro del 27 feabbraio scorso - oltre ad avere elementi puntuali per una programmazione regionale e territoriale dei servizi per le persone con disabilità, è possibile da una parte anche esprimere valutazioni oggettive e attendibili relative al percorso ideale o compatibile per la presa in carico del soggetto da parte dei diversi servizi del territorio, dall'altra verificare tutti gli àmbiti di inappropriatezza potenzialmente riscontrabili nei diversi servizi del territorio».
Il seminario è partito dalla sperimentazione della S.Va.M.Di. in Veneto, tramite l'intervento di Marco Piccoli del Centro Don Calabria di Verona, il quale ne ha seguito la sperimentazione. In Veneto - come affermano sempre i componenti del Comitato Scientifico - la sperimentazione «ha permesso l'elaborazione di un algoritmo in grado di restituire all'operatore un profilo del funzionamento della persona, rendendo possibile in tal modo la definizione di coerenti progetti di vita personalizzati, da attuare ponendo attenzione alle variabili prodotte dalle complesse relazioni con i contesti di vita che, com'è noto, possono rappresentare l'imprevedibile evenienza dell'essere o "facilitatori" o "barriera" del "bene-essere" della persona».
La S.Va.M.Di., quindi, così come concepita in Veneto, avrebbe il compito di passare dalla dimensione descrittiva del funzionamento della persona - propria della Classificazione Internazionale del Funzionamento della Disabilità e della Salute (ICF) dell'Organizzazione Mondiale della Sanità - ad una dimensione specificatamente valutativa.
La definizione del profilo di funzionamento è uno degli aspetti essenziali della presa in carico e, non a caso, è uno dei punti centrali anche del progetto di sperimentazione della vita indipendente che si sta realizzando a Terni. Ci sono diversi programmi informatici che permettono la definizione del profilo di funzionamento e non è questa la sede per farne una disamina, né per analizzare l'algoritmo di cui alla S.Va.M.Di. veneta. Tuttavia, si possono effettuare considerazioni generali: il profilo di funzionamento, infatti, è il mezzo con il quale è possibile determinare le barriere da rimuovere e i facilitatori necessari per realizzare gli obiettivi di vita della persona. I facilitatori si traducono spesso in prestazione concrete (soprattutto se erogate da enti pubblici), sia che essi siano prestazioni socio-sanitarie, sia che essi siano prestazione economiche. La definizione dei profili di funzionamento, volendo evitare il rischio che l'erogazione delle prestazioni diventi un obiettivo in sé, rappresenta un elemento essenziale nella realizzazione di una presa in carico coerente ed appropriata rispetto agli obiettivi di vita della persona.
Quello che i componenti del Comitato Scientifico del convegno romano sulla S.Va.M.Di. ritengono importante, dunque, è «la capacità dei servizi di incidere non solo sulla costruzione di un profilo ottimale di funzionamento delle persone, ma anche di potersi attrezzare per incidere sui fattori ambientali, affinché essi siano "facilitatori e non barriera"». In altre parole - affermano - «una S.Va.M.Di. anche sui fattori ambientali e non solo sul funzionamento delle persone».
Giancaterina e gli altri due componenti del Comitato Scientifico ritengono che la Regione Lazio sia di fronte ad un bivio: ossia rispondere alla domanda che pone il problema di quale uso fare della S.Va.M.Di., anche tenendo conto dell'impatto che essa produce sul carico di lavoro quotidiano di operatrici e operatori che hanno o avranno il compito di compilarla.
Da un alto - sostengono Giancaterina e gli altri - la S.Va.M.Di. potrebbe essere utilizzata «unicamente [come] uno strumento conoscitivo per l'Ente Pubblico, allo scopo di acquisire dati utili alla programmazione, allo sviluppo o al riorientamento dei servizi, al monitoraggio e al controllo di quanto realizzato». In questo caso, affermano, «si raccoglieranno sì una serie di dati utili all'Ente Pubblico, ma l'operatore si sentirà unicamente sovraccaricato di lavoro aggiuntivo, che andrà a sommarsi al già impegnativo compito di realizzazione dei singoli progetti».
Dall'altro lato, essi suggeriscono che la Regione potrebbe scegliere di far diventare la S.Va.M.Di. «uno strumento in grado di restituire all'operatore […] un profilo del funzionamento della persona, rendendo possibile la costruzione di progetti di vita personalizzati, ponendo attenzione alle variabili prodotte dalle complesse relazioni con i contesti di vita». In questo caso, «certamente l'operatore si sentirà assai interessato a un utilizzo corretto della scheda stessa, perché verrà facilitato il suo lavoro nel conoscere […] quali modalità d'intervento funzioneranno, quali saranno le possibili strategie di sostegno dei punti di forza e come riuscire a incidere sui fattori ambientali, per sostenere interventi facilitatori o limitare le barriere che puntualmente si presentano nell'andamento della vita di ogni persona».
La Regione Umbria - che come abbiamo scritto sopra - adotta anch'essa la S.Va.M.Di. da diversi anni, sebbene differisca da quella veneta, perché ne integra solo limitatamente la parte relativa alle sezioni dell'ICF.
L'Umbria, dopo diversi anni di applicazione, si trova sullo stesso piano del Lazio e i dubbi di applicazione e di risposta da parte degli operatori e dei cittadini utenti dei servizi è identica: da un lato, infatti, la scheda è vista dagli operatori e dalle persone con disabilità come l'ennesimo adempimento "burocratico" che va compilato; dall'altro si avverte la distanza tra le pratiche correnti e l'intento dichiarato in molti atti della Regione e sollecitato da tempo dallo stesso movimento associativo di dare concreta attuazione al dettato della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità.
In questo senso, come ha affermato il Responsabile di HandyLex.org Carlo Giacobini, il 3 dicembre scorso, in occasione della Giornata Internazionale delle persone con Disabilità, «Ridisegnare il sistema ponendo al centro i diritti sociali e umani può rappresentare l'occasione di un'intelligente spending review ["revisione delle spese", N.d.R.], oltreché un lungimirante investimento sulle persone e sulla loro reale inclusione. È possibile già oggi, un pezzo per volta, ma con decisione. Agendo anche in piccolo, ma pensando in grande».
Ci auguriamo che le innovazioni, frutto di percorsi di sperimentazione partecipata come quella sulla vita indipendente, possano essere uno stimolo ed un valore aggiunto nella ricerca condivisa di risposte alla crescente richiesta di vedere garantita pratica attuazione e sostenibilità a Politiche e Servizi centrati sulla Persona e suoi diritti fondamentali.