Dopo il ricorso del TAR del Lazio contro la norma della riforma ISEE e dopo che il Governo aveva sollevato la questione presso il Consiglio di Stato, quest'ultimo ha emesso tre sentenze che respingono il ricorso del Governo e prevedono di modificare la norma nella parte in cui vengono computati nel calcolo dell'ISEE «i trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche». Ma l'applicazione concreta delle sentenze suscita confusione e ci sono anche molti altri punti oscuri sull'ISEE che non hanno trovato ancora risposta.
L'applicazione del nuovo Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE), ad un anno della sua introduzione (che, ricordiamo, è avvenuta l'8 febbraio 2015), ha già "collezionato" una valanga di critiche e ricorsi.
I ricorsi
Quello più significativo è quello - avvenuto immediatamente dopo l'entrata in vigore della legge - del Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio del 21 febbraio 2015 che, con tre sentenze, impugnava il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) n. 159 del 5 dicembre 2013, cioè il regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'ISEE.
Le sentenze del TAR del Lazio avevano accolto due contestazioni centrali nell'impianto di calcolo dell'Indicatore della Situazione Reddituale (ISR), una delle due componenti dell'ISEE, e stabilivano sostanzialmente:
- di escludere dal computo dell'ISR i «trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche», ossia tutte le pensioni, assegni, indennità per riconoscimento di invalidità civile, assegni sociali, indennità per invalidità sul lavoro, assegni di cura, contributi per la vita indipendente e così via (articolo 4, comma 2, lettera f), DPCM n. 159/2013);
- di annullare il DPCM n. 159/2013 nella parte in cui prevede un incremento delle franchigie per le persone minorenni (articolo 4, lettera d), n. 1, 2, 3, DPCM n. 159/2013).
La Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e il Ministero dell'Economia e delle Finanze, a loro volta, hanno proposto ricorso presso il Consiglio di Stato contro le tre sentenze del TAR del Lazio.
Il 10 luglio 2015, poi, a seguito delle domande di chiarimento della Consulta dei Centri di Assistenza Fiscale, il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e l'INPS hanno redatto due documenti in cui hanno risposto alle principali controversie che il Decreto n. 159/2013 aveva sollevato e di cui abbiamo detto in questo focus.
Le sentenze del Consiglio di Stato
Il 29 febbraio 2016 la Sezione IV del Consiglio di Stato ha depositato tre sentenze pronunciandosi sul ricorso in opposizione a quello del TAR del Lazio del 21 febbraio 2015:
In sostanza, il Consiglio di Stato, con le tre sentenze, ha respinto i ricorsi del Governo, confermando, invece, le tesi del TAR del Lazio.
Le conseguenze delle sentenze del Consiglio di Stato
Le franchigie: chi se ne avvantaggia e chi ci rimette
Per un'analisi puntuale delle conseguenze concrete delle tre sentenze del Consiglio di Stato ci affidiamo a Carlo Giacobini che, dalle pagine di Handylex.org, ha delineato il quadro «di ampia incertezza applicativa e operativa» che viene fuori da queste sentenze, «nonostante - o, aggiungiamo noi, in virtù del fatto che - il Consiglio di Stato nei suoi pronunciamenti affermi che "all'uopo basta correggere l'art. 4 del DPCM e fare opera di coordinamento testuale"».
Giacobini, nel suo commento (che è possibile leggere qui [link a sito esterno] in versione integrale) pone come questione centrale l'ambiguità dell'abrogazione dell'articolo 4 del DPCM n. 159/2013 prevista dal Consiglio di Stato, poiché, eliminando il computo delle provvidenze assistenziali (ossia il contenuto dell'articolo 4), si svuoterebbe «di ogni cogenza anche la previsione del comma 4, lettera b) che recita: "b) nel caso del nucleo facciano parte persone non autosufficienti, per ciascuna di esse, la spesa sostenuta, inclusiva dei contributi versati, per collaboratori domestici e addetti all'assistenza personale, come risultante dalla dichiarazione di assunzione presentata all'INPS e dai contributi versati al medesimo istituto, nel limite dell'ammontare dei trattamenti di cui al comma 2, lettera f) (...)"».
Giacobini, quindi, mette in guardia dal fatto che «abrogando, come imposto dal Consiglio di Stato, il comma 2 lettera f), non si potranno più detrarre le spese per badanti, assistenti personali»; cosa che potrebbe costituire un notevole problema per persone con disabilità e famiglie che affrontano comunque tale onere.
Al di là di questa importante considerazione, le sentenze del Consiglio di Stato non provocano necessariamente un miglioramento nelle tasche di tutte le persone con disabilità. Giacobini, infatti, individua le persone per le quali le sentenze sono del tutto ininfluenti e quelle che, al contrario potrebbero ricevere un miglioramento dalla loro applicazione.
Partiamo dalla prime:
- le persone per le quali l'ISR era nullo, o pari a zero, in virtù dell'applicazione delle franchigie che erano predisposte dall'articolo 4, sulla base della gravità clinica della condizione di salute (di cui si è detto in questo focus);
- le persone per le quali l'ISR era nullo, o pari a zero, grazie all'applicazione delle suddette franchigie, ma contavano un significativo Indicatore della Situazione Patrimoniale (ISP);
- le persone per le quali l'ISR vedeva il computo delle provvidenze compensato dalle franchigie, ma contavano anche su un reddito da lavoro e/o su detrazioni per assistenti personali (in tale caso - ipotizza Giacobini - queste persone potrebbero perfino avere un aumento del proprio ISEE).
Le persone con disabilità che potrebbero, invece, avere un miglioramento dall'applicazione delle sentenze del Consiglio di Stato sono individuate da Giacobini in coloro che hanno elevate provvidenze assistenziali non compensate dalle franchigie. Rientrano tra queste, le persone cieche, coloro che hanno il riconoscimento di invalidità da parte dell'INAIL, le persone titolari di assegni di cura, di indennità per menomazioni plurime. In questo caso però, mette in guardia Giacobini, dal momento che «l'Indicatore della Situazione Patrimoniale impatta esattamente come prima delle decisioni del Consiglio di Stato, queste persone potrebbero rimanere comunque al di sopra delle soglie ISEE stabilite dagli Enti erogatori».
Il percorso di modifica: cosa (non) possono ottenere, per ora, le persone con disabilità
Per abrogare l'articolo 4 e «fare opera di coordinamento testuale» non sarà sufficiente un semplice atto amministrativo, ma una modificazione che segua lo stesso iter che ha portato alla sua approvazione originaria.
Di questo Giacobini è più che convinto, visto che ritiene che sia probabile che la Presidenza del Consiglio dei Ministri e i Ministeri competenti intendano introdurre ulteriori aggiustamenti migliorativi al testo, oppure inserire elementi di congruità, viste anche le misure "in cantiere" di contrasto alla povertà che basano la propria efficacia proprio sull'ISEE come strumento selettivo.
Al di là dei passaggi burocratici che dovranno essere svolti, quello che in questa sede ci interessa sottolineare è quello che, alla luce delle sentenze del Consiglio di Stato, possono ottenere o richiedere le persone con disabilità.
Giacobini, su questo punto, è categorico: «è praticamente impossibile fornirgli [al cittadino con disabilità, N.d.R.] una indicazione univoca e certa con un suo conseguente disorientamento. Se il suo ISEE era nullo o pari a zero, non si pone alcuna questione né dubbio: si tiene la sua certificazione. Se il suo ISEE non è pari a zero, deve invece verificare se ciò deriva dall'ISR o dall'ISP (patrimonio). Se deriva solo da quest'ultimo è inutile che ne chieda la rettifica: le sentenze non gli sono di aiuto. Se invece deriva dall'ISR, o prevalentemente dall'ISR, è necessario valutare caso per caso. Ma quand'anche si rivelasse che ciò deriva in modo determinate dal computo delle prestazioni assistenziali, al momento non ha alcuno strumento per ottenere in tempi brevi e in modo agevole una certificazione rettificata».
Le questioni rimaste ancora irrisolte
Concludiamo questo approfondimento ricordando - sempre con Giacobini - che ci sono molti altri aspetti della normativa sull'ISEE che, sebbene non siano stati per nulla affrontati dalle tre sentenze del Consiglio di Stato, non sono meno secondari rispetto al tema delle franchigie:
- la mancata possibilità di detrazione delle spese sanitarie da parte delle persone definite fiscalmente «incapienti» (cioè che hanno redditi bassi);
- il trattamento di severo minor favore nel caso di persone ricoverate in strutture sanitarie (Residenze Sanitarie Assistenziali, Residenze Protette, ecc.) che colpisce, in particolare, i nuclei familiari in cui sono presenti persone anziane con disabilità in condizione di non autosufficienza;
- l'impossibilità per le persone minorenni di ottenere l'ISEE ridotto (motivo per il quale erano state previste franchigie più elevate ora cassate dal Consiglio di Stato);
- la mancata considerazione, nelle scale di equivalenza, della presenza di un/una familiare che presta assistenza all'interno del nucleo;
- la mancata considerazione che alcuni patrimoni mobiliari e immobiliari potrebbero essere destinati al "dopo di noi".
Le questioni sopra sollevate, chiosa Giacobini e noi con lui, danno la dimensione di politiche sociali territoriali «sempre più fragili e dipendenti dalla fiscalità locale o da riparti di fondi progressivamente più esigui e che pertanto esercita[no] la leva della maggiore compartecipazione alla spesa o, di converso, nella riduzione dei sostegni e dei servizi».