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L'Umbria, l'INPS e l'invalidità civile: meglio sarebbe parlare di presa in carico

Pubblicato il 4/07/2011 - Letto 3338 volte
In questi mesi la Regione Umbria ha più volte sollecitato l'INPS per chiarimenti in merito a ritardi e revoche di pensioni o indennità acquisite; forte è la preoccupazione da parte delle persone con disabilità. Ci si domanda se non sarebbe più appropriato parlare piuttosto di presa in carico. Puntualizzare che viene prima la presa in carico corretta e globale, e solo successivamente l'individuazione di «facilitatori» (come le pensioni potrebbero essere considerate), risulta estremamente attuale e indispensabile per migliorare l'intero sistema.

Nel corso degli ultimi due mesi, ci sono state due audizioni con l'INPS regionale presso la III Commissione consiliare della Regione Umbria con la finalità di chiarire in merito ai problemi, ai ritardi e alle disfunzioni anche gravi, segnalati alla III Commissione da associazioni di categoria che hanno riguardato:

  • il numero di accertamenti sottoposti a revisione negli ultimi tre anni;
  • la quantità di revoche di benefici disposti dall'INPS nell'ultimo periodo, anche nei confronti di persone con riconoscimenti di invalidità civili con elevate percentuali;
  • la partecipazione nell'ambito delle Commissioni di medici designati dall'INPS e quella eventuale di medici dei patronati;
  • i tempi di definizione delle pratiche in genere e di quelle mandate a Roma per decisioni superiori;
  • eventuali interferenze e problemi insorti fra Asl dell'Umbria ed INPS.

Il problema che ha visto coinvolta la III Commissione Consiliare della Regione Umbria non si limita, però, al "ritardo" con cui vengono emessi i verbali, né alle eventuali revisioni disposte dall'INPS, né alle presunte incompatibilità del sistema informatico regionale con quello dell'INPS.

Il problema politico riguarda il fatto che, per mesi, l'Umbria è stata dipinta come la patria dei "falsi invalidi" e del sistema assistenziale più parassitario, ma che, dati alla mano, lo stesso INPS espone un esito ben diverso. La presenza dei medici INPS (come previsto dall'articolo 20, comma 1, della Legge n. 102/2009) nelle commissioni per l'accertamento dell'invalidità civile non ha alterato il modus operandi delle commissioni medesime: nella comparazione tra i giudizi finali delle commissioni integrate da un medico INPS e di quelle in cui era egli assente, si è prodotta una difformità inconsistente (pari a circa lo 0,87% nel 2010 e dello 0,24% nel 2011).

Però l'INPS ha respinto molti verbali "vecchi" che erano stati emessi revocando le prestazioni economiche date in passato.

Ed ecco quindi il problema dei controlli e delle revisioni: indennità di accompagnamento rilasciate che, ora, vengono tolte dall'INPS su indicazione delle linee guida (di cui si è detto in queste pagine qualche tempo fa, leggi il focus).

Anche nel convegno «Invalidità civile: applicazione delle norme o Costituzione negata» organizzato la settimana scorsa dal Circolo libertà e Giustizia di Foligno (leggi la news), al quale era presente anche un delegato del Centro EmpowerNet della FISH Umbria ONLUS, è stato presentato il problema dell'applicazione delle norme previste (Sentenza di Cassazione n. 1268 del 21 gennaio 2005) e delle linee guida dell'INPS: a chi deve dare retta il medico dell'INPS, al proprio datore di lavoro (INPS) o all'interpretazione autentica della legge compiuta dalla Corte di Cassazione?

Naturalmente questa è una questione importante, ma ci si chiede se sia l'approccio più funzionale a rivendicare il rispetto dei diritti delle persone con disabilità. Infatti, a fronte di una rivendicazione del diritto alla prestazione (economica, come nel caso di indennità e pensioni), riteniamo che sia ben più importante rivendicare il diritto ad una presa in carico globale fondata sul Progetto Individuale.

Infatti, il modo migliore - anche se ancora troppo poco praticato - di controllare abusi (che in ogni caso sarebbe meglio definire "falsi accertamenti", piuttosto che "falsi invalidi") è quello di personalizzare gli interventi e di prevedere, di volta in volta, profili personalizzati che misurino il corretto funzionamento della relazione tra persona e ambiente.

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