Si riporta il documento presentato in occasione dell'audizione presso la III Commissione Consliliare del Consiglio Regionale dell'Umbria il 7 aprile 2014.
La FISH Umbria ONLUS (Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap), nell'ultimo periodo, ha ricevuto dalle Associazioni e dai singoli cittadini con disabilità numerose segnalazioni in merito ai disagi riscontrati in seguito alle nuove modalità di fornitura ed erogazione di sistemi e presìdi di assorbenza.
In particolare, le questioni riscontrate sono di cinque ordini:
Per quanto riguarda il primo punto, si fa presente che le segnalazioni riportano uno scostamento della quantità dei presìdi erogati rispetto a quanto previsto dal Nomenclatore Tariffario delle Protesi e degli Ausili, di cui al Decreto Ministeriale n. 332 del 27 agosto 1999 [link a sito esterno] di cui si riporta lo stralcio dell'articolo 1, comma 6:
«In casi particolari, per i soggetti affetti da gravissime disabilità, l'azienda Usl può autorizzare la fornitura di dispositivi non inclusi negli elenchi del nomenclatore allegato, sulla base dei criteri fissati dal Ministro della Sanità, d'intesa con la Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, relativi alle condizioni dei soggetti, alle modalità di prescrizione e di controllo e alla tipologia di dispositivi che possono essere autorizzati».
In particolare, il problema che si pone è il seguente: il quantitativo erogato senza una preventiva ed adeguata valutazione delle condizioni di salute della persona con disabilità, tanto è vero che i quantitativi autorizzati ed erogati differiscono da quelli indicati nelle relative prescrizioni mediche specialistiche. Quindi la FISH Umbria ONLUS si chiede che si provveda con delle verifiche circa l'appropriatezza dei criteri imposti/adottati dalle competenti Aziende Sanitarie Locali.
Per quanto riguarda il secondo punto, i problemi rilevati riguardano: la qualità dei prodotti forniti (si veda il caso dei pannoloni della ditta Serenity che hanno forme e consistenza inadeguate rispetto alle esigenze di molti utilizzatori); la difformità dei presìdi indicati come autorizzabili rispetto a quanto prescritto dai medici specialisti. Infatti, si riscontra la difficoltà per le persone con disabilità di ottenere presìdi - regolarmente prescritti - i cui codici però non sono tra quelli presenti negli elenchi dei prodotti rimborsati dal SSR alle farmacie e alle sanitarie. Non essendo consentita la partecipazione alla spesa, i presìdi prescritti, ma non previsti negli elenchi, di fatto, sono a totale carico della persona con disabilità, annullando quindi il presunto diritto di scelta della persona.
In merito al terzo punto, si è riscontrata la mancanza di una corretta comunicazione e informazione preventiva in occasione del cambiamento delle tipologie e delle quantità dei presìdi per l'incontinenza. Anche in questo caso, le persone con disabilità e le loro famiglie si sono trovate improvvisamente a dover far fronte ai disagi ulteriori derivanti da tale cambiamento, impreparate ad accogliere o a saper gestire le nuove caratteristiche dei presìdi erogati, tenendo conto che la gran parte degli stessi si è rivelata inadeguata alle esigenze delle persone.
In merito al quarto punto, le persone con disabilità, alle quali è stato deciso di modificare la fornitura dei presìdi, non sono state chiamate né per una valutazione ex ante, né tanto meno per una valutazione ex post in merito all'impatto che il cambiamento di tali sistemi avrebbe potuto e ha provocato nei livelli di salute delle stesse persone, nonché nella loro qualità della vita (con possibili ricadute nel carico assistenziale spesso supportato quasi interamente dai familiari). Il presunto risparmio, derivante dalla fornitura di prodotti che si ipotizza essere più economici rispetto a quelli precedentemente forniti, risulta essere totalmente vanificato dall'incremento dei costi per l'assistenza e comunque da un utilizzo di quantitativi maggiori di presìdi che le famiglie sono costrette ad acquistare per compensare la minore efficacia dei prodotti.
In merito al quinto punto, pur condividendo quanto previsto dalla normativa regione in merito al divieto di compartecipazione della spesa, chiediamo che venga verificata l'effettiva conformità delle procedure adottate in fase di autorizzazione di prodotti rispetto a quello che è il principio di libertà della scelta che viene riconosciuto dalla Regione Umbria.
A seguito di quest'analisi, è evidente che il problema di fondo sia riconducibile all'assenza di una presa in carico globale della persona con disabilità che fa uso di tali presìdi. Questa carenza del sistema dei servizi porta, conseguentemente, ai problemi di cui si è detto sopra. Nella gestione della recente fornitura dei presìdi suddetti, infatti, è mancata quasi interamente la conoscenza delle condizioni di salute delle persone con disabilità e delle caratteristiche dell'ambiente familiare e sociale in cui esse vivono. Tale assenza di consapevolezza ha comportato un taglio lineare dei quantitativi forniti alle persone con disabilità, senza tener conto delle loro effettive esigenze, comportando spesso, quindi, una conseguente riduzione della qualità di vita delle stesse e un incremento del bisogno assistenziale.
La presa in carico globale è uno dei punti che la FISH Umbria ONLUS (insieme alla FAND Umbria ONLUS - Federazione tra le Associazioni Nazionali dei Disabili) ha portato avanti da diversi anni. In particolare, si ricorda che nel luglio 2012, a seguito di una manifestazione di protesta organizzata dalle suddette Federazioni, il Consiglio Regionale approvò la Deliberazione n. 170 del 31 luglio 2012, «Urgente adozione da parte della Giunta regionale di interventi finalizzati alla riqualificazione del sistema di assistenza alle persone con disabilità», in cui lo stesso impegna la Giunta regionale a compiere una serie di atti, sotto riportati, in merito alla definizione e alla sperimentazione della presa in carico globale per le persone con disabilità:
«[…]
2) a promuovere la pratica della presa in carico globale delle persone con disabilità, avviando urgentemente un percorso di sperimentazione in almeno un Distretto sanitario delle 4 ASL regionali, verificandone i costi ed i risultati, con l'obiettivo finale di assicurare una maggiore appropriatezza degli interventi e di ottimizzare così la spesa;
3) a emanare una direttiva vincolante per le Direzioni generali delle Aziende ASL che offra garanzie di coinvolgimento delle organizzazioni rappresentative delle persone con disabilità e delle loro famiglie nei processi di riorganizzazione dell'erogazione dei servizi alle persone con disabilità, sempre nella logica del Progetto Individuale sopra richiamato;
4) a predisporre strumenti volti a garantire la continuità e l'efficacia dell'interlocuzione con le persone titolari di diritti per la definizione di politiche inclusive nei confronti delle persone con disabilità e delle loro famiglie, attraverso un'apposita disciplina dell'audit civico per gli interventi di assistenza socio-sanitaria, tesa ad assicurare il confronto fra queste persone le loro organizzazioni e le direzioni competenti delle Aziende Sanitarie regionali rispetto al profilo qualitativo e quantitativo di ogni servizio di assistenza erogato, alle modifiche in itinere dei servizi stessi e alle eventuali difformità di giudizio sulla loro adeguatezza;
5) a provvedere al coordinamento degli interventi sopra indicati tra le attività dei Distretti e quelle dell'Osservatorio Regionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità, promuovendone la funzione di tavolo tecnico di livello regionale preposto alla rilevazione ed all'analisi della qualità dei servizi erogati, nonché alla risoluzione delle eventuali controversie riguardo al profilo del progetto assistenziale rilevate dagli strumenti di audit civico;
[…]».
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