La Corte di Cassazione dichiara illegittimo il licenziamento di un lavoratore con disabilità, disposto a seguito della valutazione della sua condizione di invalidità da parte di un medico, ma non della Commissione multidisciplinare integrata come invece previsto dall'articolo 10, comma 3, della Legge n. 68 del 12 marzo 1999.
Con la Sentenza n. 10576/17 (link a sito esterno) la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione ha accettato il ricorso e dichiarato illegittimo il licenziamento di un lavoratore, il cui aggravamento delle condizioni fisiche e di salute impediva l'assolvimento delle proprie mansioni lavorative, che era stato accertato e valutato da un solo medico.
La Corte, infatti, ha rilevato la violazione dell'art. 10, comma 3, della legge n. 68/1999 in quanto il giudizio sull'inadeguatezza al lavoro, nel caso in oggetto, era stato prodotto da un medico, ma non dalla Commissione medica preposta, condizione già denunciata dallo stesso lavoratore, ma non considerata nei due gradi di giudizio precedenti.
Nello specifico, la normativa prevede che in caso di aggravamento delle condizioni di salute o di variazioni dell'organizzazione del lavoro, la persona con disabilità può richiedere l'accertamento della compatibilità delle mansioni a lei affidate con il suo stato di salute. Allo stesso modo, anche il datore di lavoro può chiedere che vengano accertate le condizioni di salute del lavoratore con disabilità per valutare se quest'ultimo possa o meno continuare a svolgere i suoi incarichi all'interno dell'azienda.
Qualora venga riscontrata una condizione di aggravamento che limiti la capacità lavorativa o ne impedisca lo svolgimento, oppure una variazione dell'organizzazione del lavoro da parte dell'azienda, il lavoratore con disabilità "ha diritto alla sospensione non retribuita del rapporto di lavoro fino a che l'incompatibilità persista, […] durante tale periodo, il lavoratore può essere impiegato in tirocinio formativo non retribuito" (articolo 10, comma 3, Legge n. 68/1999).
In ogni caso, è previsto un repechage, ovvero la possibilità di un ricollocamento della persona all'interno delle strutture aziendali, con la conseguente modifica delle mansioni e, qualora necessario, dei luoghi di lavoro. In ogni caso, gli accertamenti, sia se richiesti dal diretto lavoratore interessato, sia dal datore di lavoro, devono essere effettuati dalla Commissione di cui all'art. 4 della (link a sito esterno) Legge n. 104 del 5 febbraio 1992 presso le Unità Sanitarie Locali, integrata da un operatore sociale e da un esperto nei casi da esaminare.
La predisposizione del licenziamento di cui si occupa la Sentenza in oggetto risulta quindi illegittima per violazione della procedura prevista dalla legge, in quanto la risoluzione del rapporto di lavoro della persona con disabilità può essere disposta solo previo accertamento da parte della stessa Commissione dell'esistenza di incompatibilità tra le condizioni di salute e mansioni del lavoratore e della definitiva impossibilità di reinserimento della persona con disabilità all'interno dell'azienda. Il ricorso del lavoratore è stato dunque accolto e la Cassazione ha cassato con rinvio a sentenza della Corte d'Appello.La Sentenza, a cui si è fatto riferimento fino a qui, dimostra che c'è l'interesse a garantire un'effettiva corrispondenza tra la giurisprudenza e le norme. Nello specifico, la Corte di Cassazione si è posta a garanzia del rispetto e della concreta realizzazione di un efficiente sistema di inserimento lavorativo delle persone con disabilità e di tutela verso i diritti di queste ultime.