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Dichiarazione dei Diritti Umani: Articolo 6

Pubblicato il 3/12/2008 - Letto 4388 volte
«Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità giuridica».

Commento di Antonio Papisca

Immagine dell'Articolo 6 della Dichiarazione Universale dei Diritti UmaniAvere personalità giuridica significa «esistere» per un ordinamento giuridico, naturalmente con diritti, doveri e responsabilità.

Il riconoscimento del fatto che la persona umana, in quanto tale, è soggetto, non oggetto di diritto, è atto dovuto. Quale titolare di diritti che ineriscono alla dignità umana, la persona nasce come soggetto giuridico. Gli ordinamenti giuridici non esisterebbero senza la persona umana, poiché questa ne è il fondamento.

L'immigrato irregolare o il Rom o i cosiddetti homeless (senza dimora) o sans-papiers non sono «sconosciuti» al diritto, tanto meno «inesistenti» per esso.

La «soggettività giuridica» è distinta dalla «cittadinanza», come d'altronde stabilisce la Dichiarazione universale che dedica specificamente alla seconda l'articolo 15. Essa è uno status primordiale della persona, le cui modalità o articolazioni operative - per l'esercizio di diritti e di doveri - sono specificate appunto nello statuto di cittadinanza: questo avviene, storicamente, all'interno dei singoli ordinamenti statuali. 

La personalità giuridica dell'essere umano va distinta dalla personalità giuridica di strutture organizzate che sono create per il conseguimento di determinati fini: gli stati, i comuni, le organizzazioni intergovernative, le camere di commercio, le università, le associazioni. Per queste entità «derivate» si parla di «persone giuridiche» per distinguerle appunto dalle persone umane la cui soggettività giuridica, ripeto, ha carattere «originario». È appena il caso di segnalare che la personalità giuridica degli enti derivati può essere di diritto pubblico o di diritto privato.

Nel caso degli enti e delle associazioni all'interno degli stati la personalità giuridica è «attribuita» o «concessa», diversamente che per le persone umane la cui soggettività giuridica, preesistendo al diritto positivo, è, deve essere semplicemente «riconosciuta». Nei tempi, non propriamente preistorici, in cui studiavo il Diritto internazionale, nei relativi manuali trovavo un capitolo o, addirittura, un paragrafo intitolato: «L'individuo, oggetto del Diritto internazionale». L'assunto era che soltanto gli Stati ne erano i soggetti, unici ed esclusivi: le persone umane erano «cosa loro», come dire un affare interno alla rispettiva giurisdizione domestica. La dogmatica giuridica che argomentava sulla persona umana «oggetto» è stata ampiamente usata ed abusata dalle ideologie che esaltavano, o addirittura deificavano, lo Stato come soggetto giuridico iper-umano.

Con l'avvento del Diritto internazionale dei diritti umani, la persona umana viene liberata nella sua soggettività giuridica originaria e trionfa dunque sulla perniciossima  idolatria statualistica. Quella della persona umana è personalità giuridica di diritto universale, un diritto super-costituzionale per sua intrinseca natura.

Antonio Papisca
Cattedra UNESCO «Diritti umani, democrazia e pace» presso il Centro interdipartimentale sui diritti della persona e dei popoli dell'Università di Padova.

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