Gentile Onorevole,
Le inviamo questa lettera per denunciare un fatto grave: noi associazioni delle persone con disabilità abbiamo subito un furto. Ignoti sono penetrati nelle nostre sedi e hanno rubato le nostre migliori parole e le hanno inserite nello "Schema di decreto recante norme per la promozione dell'inclusione scolastica degli studenti con disabilità (378)". Un furto apparentemente inspiegabile, dato che da sempre abbiamo messo le nostre parole a disposizione di chiunque volesse promuovere e tutelare i diritti delle persone con disabilità.
Così non ci siamo stupiti quando, nella parte iniziale dello schema di decreto, abbiamo letto il richiamo all'articolo 3 della Costituzione, a due leggi fondamentali (la 104 del 1992 e la 328 del 2000) e alla classificazione "ICF" dell'Organizzazione Mondiale della Sanità. Ci siamo, infine, sentiti orgogliosi dei riferimenti alla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità. La "nostra" Convenzione. Una Convenzione che, all'articolo 24, parla di Educazione e Istruzione, prendendo spunto dagli oltre quarant'anni anni di integrazione scolastica italiana: un'esperienza unica al mondo, prima vera eccellenza della nostra scuola. Siamo stati contenti quando abbiamo ritrovato le nostre parole nel'articolo 1, che declina i Principi e le finalità del decreto: "L'inclusione scolastica riguarda tutti gli studenti (...), si realizza (...) attraverso la condivisione del progetto inclusivo fra scuole e famiglie (...). È impegno fondamentale di tutte le componenti della comunità scolastica (...)".
Sembrava finalmente rompersi in modo definitivo la barriera che ancora separa la presenza a scuola dei nostri figli e delle nostre figlie, con e senza disabilità. Sembrava che, finalmente, ci si fosse resi conto che è necessario indirizzare risorse, passioni e competenze presenti nelle nostre scuole a programmare gli interventi educativi tenendo conto sin dall'inizio della presenza di tutti i bambini e i ragazzi, compresi quelli con disabilità.
Ma quando abbiamo girato pagina abbiamo trovato una serie di previsioni che hanno tradito completamente le premesse, oltre che le aspettative di tutte le persone con disabilità, dei loro familiari e delle loro associazioni. Certo i sostegni che fino a oggi hanno garantito l'integrazione scolastica sono tutti confermati (insegnanti di sostegno, assistenti alla comunicazione, educatori, trasporti, ...) ma "nel limite delle risorse disponibili". In concreto, questo vuol dire che non saranno più diritti esigibili.
Si tratta di un passo indietro gravissimo in un contesto scolastico dove la formazione dei docenti alla didattica inclusiva continuerebbe a essere carente (così come è carente oggi) e dove la continuità educativa per i nostri ragazzi sarebbe garantita solo da un titolo di un articolo del decreto vuoto di contenuti.
La scuola immaginata dal nuovo decreto è una scuola dove le decisioni sui sostegni necessari a garantire una reale inclusione, verranno prese da commissioni formate da medici, che nulla sanno dei nostri figli e delle nostre figlie e delle condizioni "comportamentali e ambientali che impediscono la loro piena ed effettiva partecipazione alla società su base di uguaglianza con gli altri". Le decisioni sulla "loro" vita saranno assunte in tre momenti, sganciati fra loro, dove alle nostre famiglie non sarà più riconosciuta alcuna voce in capitolo. Mentre noi, le "organizzazioni maggiormente rappresentative delle persone con disabilità" semplicemente non esisteremo più.
Questa non è inclusione ma ulteriore separazione. Questa non è inclusione ma ulteriore emarginazione.
A questo punto noi vi chiediamo di fare in modo che il decreto non sia semplicemente emendato ma riscritto, seguendo le indicazioni delle associazioni che la FISH (Federazione Italiana Superamento Handicap) ha raccolto nella memoria che vi è stata presentata.
Se non vi fosse possibile far rispettare i diritti dei bambini e ragazzi con disabilità, allora, restituiteci almeno le parole che ci sono state rubate: togliete i riferimenti all'articolo 3 della Costituzione, alla Legge 104 e alla Legge 328, all'ICF e soprattutto alla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità e dichiarate, sinceramente, l'intenzione dello Stato Italiano di mettere in secondo piano i diritti dei nostri bambini e ragazzi rispetto alle esigenze di bilancio. E noi, semplicemente, vi ricorderemo, utilizzando le parole della Corte Costituzionale, che «è la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l'equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione.» (Corte Costituzionale, Sentenza 275, Anno 2016).
Alberto Fontana
Presidente LEDHA