Due progetti internazionali, uno in India e uno a Gaza, e due storie di emancipazione di donne con disabilità. Paesi diversi ma accomunati - come tanti altri - dalla incapacità di rispettare i diritti delle donne (in particolare se hanno una disabilità). Progetti diversi ma accomunati dalla volontà di garantire alle donne coinvolte la consapevolezza dei propri diritti per una emancipazione possibile.
Le donne con disabilità vivono una doppia discriminazione, come donne e come persone con disabilità. Ma ci sono altri fattori, geo-politici, sociali ed economici, che fanno vivere alle donne con disabilità ulteriori forme di discriminazione. In occasione della Giornata Internazionale per i Diritti della Donna (proclamata dalle Nazioni Unite il 16 dicembre 1977, con Risoluzione n. 32/142), abbiamo scelto di riportare due progetti che hanno lo scopo di accrescere l'empowerment nelle donne con disabilità e che riguardano due paesi del mondo dove chi ha una disabilità, soprattutto se donna, vive una multipla condizione di discriminazione.
I progetti in questione riguardano l'India e Gaza, due località diversissime tra loro in cui però la cooperazione internazionale sta permettendo alla popolazione con disabilità, in particolare quella delle donne, di poter far valere i propri diritti.
Auspichiamo che queste storie e questi progetti possano essere da stimolo per la rivendicazione dei diritti di tutte le donne ad ogni latitudine e a prescindere dalle proprie condizioni di salute.
Calcutta, la «Casa Pangea»
Stefania Delendati, nell'articolo «"Gocce di speranza" da quelle donne indiane con disabilità» [link a sito esterno], pubblicato sulle pagine di Superando.it, racconta della Fondazione Pangea ONLUS [link a sito esterno] e del lavoro che, dal 2007, sta portando avanti nei quartieri più degradati di Calcutta al fianco di bambine, ragazze e donne con disabilità, per contrastare l'emarginazione e l'oppressione. L'obiettivo è quello di generare «prima di tutto in loro una trasformazione che le renda consapevoli dei propri diritti inalienabili e delle proprie potenzialità».
In India la condizione di inferiorità di cui sono vittime le donne è ancora una drammatica realtà ed è connaturata e persistente soprattutto nelle fasce più povere della popolazione. «Per la cultura tradizionale - spiega Delendati -, la nascita di una figlia è considerata di per sé una sfortuna, l'aborto selettivo continua a mietere vittime, malgrado la legge lo proibisca e il Governo abbia lanciato una campagna informativa denominata "Salva tua figlia, educa tua figlia"».
In particolare, quando nasce una bambina con disabilità, «la famiglia prova un senso di vergogna tale da nascondere la piccola per evitare l'onta sociale». Questa condizione accomuna 11 milioni e 800 mila donne e bambine con disabilità, ossia il 44% delle persone con disabilità del Paese. Oltre alla solitudine si sommano anche le privazioni e le umiliazioni, spesso associate a violenze fisiche e sessuali, subite in silenzio e nell'indifferenza di tutti.
La Casa di Pangea è il luogo dove le donne con disabilità possono incontrarsi e dove l'associazione sostiene un articolato programma di empowerment sociale ed economico per le donne e le bambine con disabilità: si parla di diritti umani, dignità e rispetto. Le donne si conoscono, escono dalla solitudine e allacciano relazioni e confronti che danno origine a gruppi che, oggi, sono riuniti in una Federazione per il riconoscimento delle donne con disabilità, che sensibilizza comunità, istituzioni e famiglie.
Dall'articolo non emerge se anche le donne senza disabilità frequentino la Casa di Pangea, ossia se questo luogo sia davvero inclusivo per tutte le donne (a prescindere dalla condizione di salute), né se venga svolto un programma che si rivolga a tutta la cittadinanza per rimuovere a monte lo stigma che relega la donna all'inferiorità, ma apprendiamo che nel 2014, la capillare opera di informazione nei quartieri più poveri di Calcutta e nei villaggi dell'area rurale di Subhi, ha portato 605 nuove donne con disabilità ad unirsi al programma di Pangea.
La storia della Fondazione Pangea ci porta a condividere le conclusioni di Delendati: «la rete di solidarietà e collaborazione costruita dagli operatori di Fondazione Pangea è una goccia nel mare delle necessità, ma la volontà delle donne indiane con disabilità continua ad aggiungere gocce di speranza».
Ahlan e le donne di Gaza
Tutt'altro contesto è quello in cui, nell'articolo «Noi, donne con disabilità di Gaza» [link a sito esterno] (pubblicato sempre in Superando.it), ci porta Ahlan, giovane donna palestinese con disabilità di Gaza, la quale riferisce il proprio entusiasmo per il Progetto "INCLUDE - Empowerment socio economico delle donne con disabilità nella Striscia di Gaza", promosso dalla EducAid (Cooperazione e Aiuto Internazionale in Campo Educativo) [link a sito esterno], insieme alla RIDS, la Rete Italiana Disabilità e Sviluppo [link a sito esterno], voluta, nel 2011, dalla stessa EducAid, insieme all'AIFO (Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau), a DPI Italia (Disabled Peoples' International) e alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap), per realizzare iniziative di informazione, formazione e consulenza in Italia e a livello internazionale.
Iniziato nei primi mesi del 2013, il Progetto INCLUDE (di cui Superando.it si era già occupato in precedenza in questo articolo [link a sito esterno]) si è dato l'obiettivo di attivare e sostenere il protagonismo delle donne palestinesi con disabilità, nel migliorare le loro condizioni di vita sia da un punto di vista economico, sia nel promuovere il rispetto dei loro diritti.
«Per poter raggiungere questi risultati - si legge in una nota diffusa dalla FISH - EducAid e la RIDS hanno messo in campo, negli ultimi due anni, numerose attività tra loro in sinergia, ad esempio promuovendo la creazione di microimprese, attraverso un finanziamento a fondo perduto a beneficio di 35 donne con disabilità. Su un altro versante, inoltre, sono state formate 120 donne con disabilità all'uso e alla produzione di video, foto e articoli raccolti all'interno della rivista "Voice Of Women", diffusa attraverso un sito dedicato e tramite i social media del progetto. In tale quadro è stata avviata anche una riflessione sul monitoraggio dell'attuazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata dallo Stato di Palestina il 2 aprile dello scorso anno. E infine, un gruppo di 20 ragazze con disabilità, con il supporto di esperti di livello internazionale, ha potuto realizzare un'importante "ricerca emancipatoria", tesa cioè a individuare e ad analizzare i fattori sociali, economici e culturali che, nello specifico contesto locale, ostacolano l'inclusione sociale delle donne con disabilità».
La storia di Ahlan parte da Gaza - dove le condizioni di vita delle persone con disabilità sono state approfonditamente descritte da Barbara Pianca nell'articolo «Palestina: tre volte disabili» [link a sito esterno], pubblicato da Superando.it nel 2012 - e arriva in Italia.
Ahlan, infatti, fa parte di una delegazione di cinque donne palestinesi con disabilità, in rappresentanza di altrettante organizzazioni di persone con disabilità di Gaza, giunta nel nostro Paese per incontrare la società civile italiana e le rappresentanze istituzionali, oltreché per stringere alleanze e per ricordare che a Gaza esiste e resiste una società che, nonostante le condizioni a dir poco difficili, ha voglia di riscatto e chiede che i propri diritti siano rispettati.
Nei giorni scorsi, autorità statali e religiose hanno accolto la delegazione, accompagnata dal presidente nazionale della FISH Vincenzo Falabella.