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Persone con disabilità: persone con restrizione di partecipazione

Pubblicato il 20/05/2011 - Letto 3323 volte
Il seminario «Il Progetto di Vita delle Persone con Disabilità. Appropriatezza e Sostenibilità del Progetto Globale di Presa in carico», tenutosi il 9 maggio scorso presso il Caos di Terni, ha rappresentato una tappa del percorso partecipativo - iniziato con Agenda 22 ed implementato nell'elaborazione del Piano Regolatore del Sociale del Comune di Terni - che punta a ricercare un approccio metodologico qualificato e condiviso capace di individuare i principali elementi operativi del processo di presa in carico. Riflessioni non solo teoriche ma basilari per impostare un nuovo modo di progettare i servizi e le prestazioni integrate in un Progetto Globale di Presa in carico.

L'iniziativa nasce dall'esigenza di stimolare la creazione di una comunità di esperti che, a partire dal paradigma dei diritti umani, condividano un particolare approccio strategico per definire nuovi princìpi del processo di presa in carico globale.

Ne è convinto Marco Faini (Centro Studi Anffas), primo dei relatori intervenuti al seminario: egli, in linea con quanto portato avanti dalla FISH in questi ultimi anni, afferma la necessità di partire da un modello culturale basato sui diritti umani perché avvenga un "cambio di sguardo" sulla disabilità.

Infatti, sostiene Faini che nonostante l'Italia abbia ratificato, nel 2009, la «Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità», il nostro paese non ha ancora recepito i princìpi contenuti in essa; i continui ricorsi alla magistratura da parte dei cittadini con disabilità per diritti negati, sono segno che esiste un problema con le istituzioni.

Faini ha proseguito illustrando tre modelli; i primi due, ossia quello caritativo-assistenziale e quello  medico, considerano la persona con disabilità come un problema per la società, mentre il terzo, quello sociale, sostiene, al contrario, che la società costituisce un problema per la persona con disabilità.

A far da sintesi del modello medico e del modello sociale si pone il modello bio-psico-sociale, rivendicato anche come modello di riferimento dall'ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento della Disabilità e della Salute).

Questo modello rimanda direttamente al contributo di Lucilla Frattura (del Centro collaboratore italiano dell'OMS per la famiglia delle classificazioni internazionali).

Frattura ha sottolineato come le persone con disabilità siano, sulla base di quanto affermato dalla Convenzione dell'ONU, persone con "restrizione di partecipazione", e non persone menomate; per questo valutare la disabilità significa valutare la restrizione. Così, nel processo di valutazione, diventa necessario superare la valutazione della persona, ma serve considerare l'interazione che essa vive con l'ambiente di riferimento.

Secondo Frattura, quindi, questa è la disabilità: l'interazione negativa tra la persona e l'ambiente; questo il funzionamento: l'interazione positiva tra i due fattori.

L'ICF aiuta a descrivere questa interazione, classificando sia i fattori ambientali, sia il funzionamento delle persone in termini di attività e partecipazione. L'obiettivo ultimo, quindi, è quello di valutare "quanta disabilità" ci sia o non ci sia nella vita di una persona: diventa necessario, ad esempio, non limitarsi a considerare se una persona compie da sola o meno una certa attività, ossia rispondere solamente alla domanda "Mangia da sola?" (cosa che viene compiuta dalle varie scale di valutazione come le ADL o IADL, ecc.). Con il profilo di funzionamento, proposto da Frattura e sperimentato dal Centro Collaboratore Italiano dell'OMS, si propone un metodo che sappia soffermarsi sui fattori (assistenti, ausili, o caratteristiche ambientali) che permettono alla persona con disabilità di compiere o meno quella specifica attività ("Grazie a chi viene messa in grado di mangiare?").

Quindi, con il profilo di funzionamento strutturato secondo l'ICF si valuta se la persona sia stata messa in grado di vivere una vita degna e si indicano i servizi davvero appropriati per farle raggiungere gli obiettivi di vita. Questo strumento classifica le informazioni con un linguaggio standard ed è il presupposto per giungere a un modello di presa in carico globale, che ponga fine alla frammentazione dei servizi destinati alle persone con disabilità. Purtroppo, constata Frattura, le politiche sono ancora lontane dal saper sfruttare al meglio questo strumento ancora poco conosciuto.

L'intervento di Mauro Zampolini (Rete Regionale della Riabilitazione - Regione Umbria), di commento a quello di Frattura, ha sostanzialmente ripercorso le tappe che in Umbria si stanno perseguendo, dimostrando che la strada per l'applicazione corretta del modello proposto da Frattura è ancora lunga.

La terza sezione, nella quale è intervenuto nuovamente Faini, ha fatto il punto sulla situazione attuale del Progetto individuale, sottolineando che esso costituisce, per legge, un diritto.

Nella sessione finale i focus group hanno offerto ai partecipanti l'opportunità di approfondire le tematiche che interessano la ricerca. Il processo di presa in carico; la valutazione della disabilità; il dossier unico; la condivisione del significato e delle finalità del Progetto Globale, hanno costituito gli spunti di dibattito. Dalle relazioni finali dei gruppi è emersa, in generale, l'urgenza di mettere in pratica i princìpi contenuti nella Convenzione ONU e di utilizzare lo strumento ICF (in particolare puntando sulla definizione di disabilità intesa come interazione negativa tra la persona e l'ambiente), di valorizzare il lavoro di un'equipe multidisciplinare, di avviare un percorso culturale di consapevolezza delle persone con disabilità e delle loro famiglie. 

Dal convegno emerge la volontà, da parte della ASL n. 4 di Terni, in collaborazione con Regione Umbria, Provincia e Comune di Terni, FISH Umbria ONLUS e Ufficio scolastico, di sperimentare la presa in carico globale. L'opportunità è quella di implementare, attraverso il Centro per l'Autonomia Umbro come laboratorio sperimentale, l'esperienza avvenuta in Friuli proposta da Lucilla Frattura. Per la messa in opera della sperimentazione, verrà adoperato il sistema Atlante, sistema informatizzato che già la ASL n. 4 sta implementando per la realizzazione della cartella sociale integrata.

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