In questo focus analizziamo cosa prevede la Regione Umbria in merito alla riconducibilità delle attività in acqua - specificatamente, gli esercizi assistiti in acqua - richieste per i minorenni con disabilità nei Livelli Essenziali di Assistenza. Se i LEA nazionali le escludono, la Regione Umbria, con DGR n. 1619 del 20 novembre 2002, ne ha previsto un straordinario reinserimento - solo per i minorenni e sono in presenza di idoneo progetto riabilitativo - in quanto queste attività «rivestono una positiva funzione nell'età evolutiva, dove il lavoro in acqua è invece un intervento di alta funzione riabilitativa non solo nel settore fisico-motorio, ma anche in ambito relazionale e cognitivo».
I genitori di minorenni con disabilità con gravi problemi motori richiedono alla Neuropsichiatria Infantile e dell'Età Evolutiva di far accedere il proprio figlio alle attività in acqua (o meglio esercizi assistiti in acqua). Questa necessità può derivare da specifiche indicazioni dei fisioterapisti che, soprattutto quando gravi patologie motorie inficiano o rendono difficoltoso l'intervento fisioterapico, intravedono nelle attività in acqua un'alternativa idonea, pur non essendo questa una attività riabilitativa in senso stretto. Altre volte, invece, l'attività viene richiesta per il positivo effetto che ha l'acqua nel rilasciare i muscoli del bambino o del ragazzo, permettendogli, quindi, di essere più collaborativo nelle altre attività di vita quotidiana.
Il problema che si pone in questi casi - anche in vista di una paventata interruzione dell'attività per il periodo da settembre 2013 a giugno 2014 (leggi qui) - è quello di sapere se gli esercizi assistiti in acqua rientrano o meno in quel gruppo di prestazioni che devono essere assolutamente garantite dal Servizio Sanitario Nazionale e/o da quello Regionale, in quanto prestazioni essenziali.
La questione, ovviamente, non può che partire dalla definizione proprio di queste prestazioni obbligatorie che prendono il nome di Livelli Essenziali di Assistenza (LEA).
Il 29 novembre 2001, con un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM), denominato "Definizione dei Livelli essenziali di assistenza" (link a file in PDF), nascono i LEA , ossia l'insieme delle attività, dei servizi e delle prestazioni che il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) eroga a tutti i cittadini gratuitamente o con il pagamento di un ticket, indipendentemente dal reddito e dal luogo di residenza.
Il DPCM del 29 novembre 2001 include le prestazioni che ritiene per l'appunto «essenziali» per il miglioramento della salute e della qualità della vita dei cittadini, mentre esclude quelle prestazioni che «non presentano, in base alle evidenze scientifiche disponibili, efficacia dimostrabile, vale a dire non producono un significativo beneficio in termini di salute».
Per quello che ci interessa, l'Allegato n. 2A del DPCM in questione, al punto f), esclude totalmente dai LEA:
- esercizio assistito in acqua;
- idromassoterapia;
- ginnastica vascolare in acqua.
Ecco il punto: gli «esercizi assistiti in acqua» sono proprio le attività che vengono richieste dai genitori per i propri figli con disabilità. Tali attività non sono svolte in presenza di un fisioterapista, ma da un educatore professionale (sebbene, a volte, sulla base di precise indicazioni del fisioterapista).
Sembrerebbe, quindi, che la questione finisca qui. Invece no, il DPCM dei LEA, infatti, anche in virtù della riforma del Titolo V, Parte Seconda, della Costituzione, prevede che le Regioni - che hanno competenza concorrente con lo Stato in materia di tutela della salute (articolo 117, comma 3, della Costituzione) - possano, a proprie spese, aggiungere all'interno dei LEA regionali prestazioni non incluse a livello nazionale.
La Regione Umbria, subito dopo l'emanazione del DPCM del 29 novembre 2001, aveva costituito un Gruppo di lavoro per discutere l'eventuale inclusione all'interno dei LEA delle attività previste nell'Allegato n. 2A del suddetto DPCM e per le quali la Regione avrebbe dovuto far fronte con fondi propri. Tale Commissione, pur non escludendo l'efficacia di tali prestazioni, ha ritenuto che le evidenze scientifiche in possesso non erano sufficienti per prevedere la loro inclusione all'interno dei LEA, rimandando a rivalutazione successiva e soprattutto in attesa della ri-definizione - di fatto non ancora pienamente compiuta - dei nuovi LEA.
Tuttavia - ed è qui il punto di svolta - c'è un'unica eccezione, che è stata fatta con l'approvazione della Delibera di Giunta Regionale n. 1619 del 20 novembre 2002, con la quale è stato previsto che, in merito alle prestazioni di cui al punto f) dell'allegato 2A del DPCM, - e specificatamente, l'esercizio assistito in acqua, l'idromassoterapia e la ginnastica vascolare in acqua -, la loro inclusione nei LEA è limitata esclusivamente per i minorenni con gravi disabilità, considerata la funzione riabilitativa svolta non soltanto nell'ambito socio-sanitario ma anche in quello relazionale e cognitivo.
Come risulta chiaro dal Documento Istruttorio della Delibera: «Queste attività rivestono una positiva funzione nell'età evolutiva, dove il lavoro in acqua è invece un intervento di alta funzione riabilitativa non solo nel settore fisico-motorio, ma anche in ambito relazionale e cognitivo. Nei bambini affetti da disturbi psicofisici, la riabilitazione in acqua consente un incremento delle percezioni propriocettive, visive, uditive, tattili e termiche che, unitamente alla sensazione di benessere e rilassamento, costituiscono input positivi sul piano delle acquisizioni cognitive e motorie».
La Delibera, infine, precisa che: «La prescrizione di tali prestazioni deve comunque essere inserita in un piano di trattamento individualizzato, diversificando il trattamento in base alla patologia prevalente, che abbia l'obiettivo di fornire al bambino un supporto terapeutico per il suo benessere psico-fisico».
Da questa breve disamina giuridica della questione, emerge che le attività in acqua (nello specifico, l'esercizio assistito in acqua) possono essere prescritte da una struttura sanitaria, limitatamente all'età evolutiva (0-18) e dietro specifico «piano di trattamento individualizzato», in quanto il lavoro che viene fatto in acqua è un intervento di alta funzione riabilitativa sia in ambito motorio, ma anche in ambito relazionale e cognitivo.